Ieri il gruppo Inglese di Facebook dedicato a Platone ha pubblicata questa immagine con l'aforisma del filosofo:
“We can easily forgive a child who is afraid of the dark;
the real tragedy of life is when men are afraid of the light.” -- Plato
the real tragedy of life is when men are afraid of the light.” -- Plato
Ovvero: "Possiamo perdonare facilmente un bambino che ha paura del buio; la vera tragedia della vita è quando gli uomini sono spaventati dalla luce." -- Platone
Oggi il gruppo Überfacts pubblica questo:
Trad.: "T.A. Edison aveva paura del buio"
Filosoficamente, la domanda che mi pongo è: possiamo perdonare facilmente anche un uomo di scienza come Edison per questa sua peculiare, puerile fobia? Certamente sì, non si tratta di perdonare o meno, specialmente quando si tratta di paure inconsce, invincibili, patologiche; ma è il nostro giudizio che ne potrebbe risultare modificato... Per chi non conosca la "guerra della corrente" ricordiamo che il grande misconosociuto genio di Tesla conosceva la verità sulla energia -che è dovunque, è infinita e può essere utilizzata gratuitamente da chiunque- e infatti viene citato brevemente -se mai- nei libri di testo; Edison ha la fama del più grande inventore della storia moderna, ma è grazie a lui se oggi l'elettricità è monopolizzata dai governi e viene ancora prodotta da fonti completamente insostenibili;
Collective Evolution pubblica il link a questa pagina di Higher Perspective (una bella coppia!) dove si riassumono tre principi del Buddismo che -secondo HP- "faranno più felice la vostra vita":
1. Anitya – Impermanenza. Non siamo permanenti. Nè lo è qualunque altra cosa a questo mondo. Le cose cambiano ogni giorno. Ogni giorno, i nostri corpi sono differenti, così come il nostro ambiente – il nostro intero universo è differente! Celebriamo l'idea che le nostre vite cambino ogni giorno. Accettiamo questa esistenza in costante cambiamento. Quando la osserviamo attraverso nuovi occhi, è piuttosto eccitante, non è vero? Ogni giorno porta nuove opportunità.
2. Dukkha – La vita è sofferenza. Questo può suonare un po' negativo, vero? Ma non è un modo di dire che la tua vita è dura e hai bisogno di tirarti sù, bensì che l'attaccamento alle persone, alle cose e le aspettative sono causa di dolore. Cerca di non rassegnarti all'idea di essere un relitto. Aspettati che il tuo corpo degeneri nel corso del tempo e che affronterai altri ostacoli, ma sarai più resistente nel farlo.b
3. Anatma – La vita è in costante cambiamento. Il buddismo non prende per assunto che esista un sè costante ma piuttosto un sè in continuo cambiamento. I nostri pensieri, i nomi, le professioni, i titoli, e le personalità ci identificano, ma queste cose possono cambiare da un giorno all'altro. Citando Thich Nhat Hanh, “Grazie all'impermanenza, ogni cosa è possibile.”
Invece di provare a trovare te stesso, concentrati nel creare te stesso. Crea il tuo migliore sé possibile per questo momento. Preoccupati del tipo di sè di cui avrai bisogno domani. Focalizza ciò che vuoi essere adesso.
(Trad. mia)
Questo articolo presenta quello che in gergo cinematografico chiamerebbero PoV (point-of-view), una mera didascalia che, per inciso, è di un americano; senza offesa per il collega d'Oltreoceano, consiglio al mio lettore di utilizzare i tre termini derivati da Sanscrito come parole-chiave per la propria ricerca personale sul web -magari su qualche sito buddista, ma non necessariamente- che qui sono sintetizzati un po' alla maniera di big pharma, utilizzando la struttura molecolare della saggezza senza tener conto dell'habitus e dell'habitat naturali; ma per quanto mi riguarda è sempre una buona occasione per rendere "più felice" la nostra vita, e quindi stamattina (lunedì) accettiamo di buon grado la breve occhiata dello statunitense ai principi immortali del Buddha, con i loro nomi esotici, per vedere le cose con "nuovi occhi"; qualunque cosa questo possa significare =). Sicuramente lo studio di "Anatma" (Anātman -- che nella sua forma originale suona forse un po' troppo super-eroico per gli anglofoni) è più invitante, o meno minaccioso, di quello dell'anatema per l'italiano... Per fare un esempio, il termine Sanscrito significa letteralmente "senza sè" (privativo an + ātman) il che già può suggerire la ristrettezza del campo inquadrato da Mr. Higher Perspective, senza contare il fatto che questo concetto-Wiki docet- "ha dato origine a interpretazioni molto varie all'interno delle diverse tradizioni buddhiste"; infine cosa sia quel 'dato' riferito ad una origine, per me è un mistero di ordine enciclopedico. Immortale, anche lui.
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