martedì 2 giugno 2015

Macchine del tempo

Alex Garland, già autore di mezzi successi che ci hanno sempre lasciati soddisfatti a metà come The beach (2000) 28 days later (2002) e Sunshine (2007) colpisce ancora, con la sceneggiatura del suo esordio alla regia

Ex Machina di A. Garland (2015)

dove il confronto tra uomo e macchina proietta i dilemmi etici e romantici di Blade Runner in un futuro meno remoto del 2019, in un'epoca abbastanza prossima alla nostra da poter essere il 2015; qui l'eroe-per-caso (o quasi) Domhnall Gleeson


as Caleb si trova a dover praticare un Test di Turing sulla intelligenza artificiale di una androidessa dal disgraziato nome di AVA 


(la Svedese bruna Alicia Vikander, vista in En kongelig affære nel 2013) che, ahimè, in Inglese suona molto simile ad "Eva"...
Il film di Garland non è particolarmente brillante nell'insieme e forse infine è l'aspetto visuale quello più interessante dell'opera, ma la visione dà luogo ad ogni possibile riflessione sul concetto stesso della "artificialità", e ci ri-porta a chiederci: se qualcuno possiede una tecnologia abbastanza evoluta da poter costruire un androide pensante (in grado di superare almeno il fatidico test) al di là delle sue qualità biologiche, organiche e meccaniche, insomma al di là della sua sostanza, il dilemma della sua essenza, che si voglia intendere come psiche o come spirito, non è in fondo lo stesso che riguarda qualunque esemplare di homo sapiens garantito come tale?

Per quanto mi riguarda, la sola idea che l'uomo sia un artefatto bio-meccanico risponde a una infinità di domande alle quali non c'è verso di trovare risposte altrettanto esaurienti e definitive altrove; se prendiamo il numero (romano) 1 e il non-numero (arabo) 0, i due simboli delle unità elementari del sistema numerico binario che sono alla base di ogni sistema operativo per computers, abbiamo già ottenuta una Entità Unica, che nel codice alfabetico si legge "I0"... 
Curioso, non è vero? Potrebbe essere qualcosa di più.


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