venerdì 25 aprile 2014

La mela verde*

Chi ha visto

O lucky man di L. Anderson (1973)

non avrà potuto fare a meno di notare la quantità dei dettagli in comune con il film di Kubrick, A clockwork Orange (1971), che aveva reso il protagonista Malcom McDowell incredibilmente famoso nel giro di qualche giorno; senza contare gli ammiccamenti meno ovvi di cui leggiamo su IMDB, riporto quelli più evidenti tra cui


la manipolazione non-genetica degli occhi cerulei dell'attore (a cui dicono "Hai gli occhi come Steve McQueen") nella clinica in cui viene assunto come cavia umana, che porta poi ad un più ovvio rimando con la comparsa degli elettrodi


e il conseguente salto dalla finestra


anche la presenza del turpe figuro a nome Warren Clarke


che già fece parte dei droogs si può ben considerare un "aggancio" valido (non è l'unico nel cast) così come la sequenza in cui il Ns. viene assalito dai meths drinkers


e la "conversione" (in tutt'altri termini) del personaggio, attraverso le sue letture in prigione:


A proposito di "rimandi viventi" il monolitico Philip Stone, che tutti ricordiamo come Delbert Grady in The Shining (1980)


era anche il padre di Alex De Large in A Clockwork Orange. Qui, come quasi tutti gli attori nel cast, interpreta più di un ruolo; dopo l'aguzzino militar-burocratico qui sopra eccolo come maggiordomo


e infine come maggiore del Salvation Army


Al di là di tanti richiami e ammiccamenti ("nods"), e al di là di ogni possibile curiosità il film di Anderson ha ben poco da spartire con l'opera di Kubrick oltre lo zeitgeist dell'epoca,  e agli occhi dello spettatore neomillenarista appare come una innocente satira contro la borghesia e il conformismo, il tema dominante nella cinematografia internazionale dal '68 in avanti, di cui abbiamo visti numerosi esempi proiettati nei più svariati contesti socio-culturali; la maggior parte di questi film, che nell'insieme dipingono lo spirito "rivoluzionario" sessantottino


oggi sono soprattutto documenti d'epoca, e tra loro ricordiamo -a stento- il flebile, inconsistente If... (1968, appunto) dello stesso regista, e con lo stesso protagonista, ma senza una Arancia Meccanica da cui attingere qualche goccia di acido;


come ricordiamo (nel post), If era basato sul "film" (tra virgolette) di Vigo Zero de conduit (1933); questo è una "libera interpretazione" del Candide di Voltaire (scritto nel 1759!) che include la base originariamente autobiografica di McDowell come venditore di caffé; dobbiamo ammetterlo, come autore rivoluzionario Mr. Anderson si è affidato un po' troppo alle altrui rivoluzioni per potersi dire davvero rivoluzionario...

Una frustatina tra un processo e l'altro è il vizietto segreto del giudice (oh, my goodness...)
La piccola odissea di Mick Travis, da rappresentante di caffé a segretario del boss, a galeotto, a cavia umana, a eroe mancato e vittima della teppa urbana, con qualche inevitabile sveltina di mezzo, ha il pregio di suggerire qua e là una sorta di vaghezza onirica nel suo perenne vagare di set in set, supportata anche dalla  epidemia di personalità multipla di quanti sono interpretati dai medesimi attori; 

I sobborghi di Londra visti da Miroslav Ondříček (poi nominato all'Oscar per Ragtime e Amadeus)
forse un metraggio meno sovrumano (178') lo avrebbe reso meno indigesto, anche se per quanto mi riguarda non ho dubbi sulla mia particolare antipatia per questo film, che si riassume nel nome: Alan Price


ovvero l'autore delle canzoni in stile "British folk" che accompagnano le disavventure di Mick, e che purtroppo spesso egli interpreta per intero, assieme alla band, interrompendo la narrazione; ciò ha resa inevitabile per me l'infamia rappresentata dallo skipping, che solitamente mena al mio giudizio finale di inclassificabile; paradossalmente, in questo caso "rivoluzionario", è il valore storico dell'opera a reclamare la faccina sorridente. Ma smunta.

Con un cameo di Anderson


nel ruolo di regista. Poco credibile.

Se potessi riassumere il mio giudizio in una parola, come facevo un tempo, scriverei: "Preistorico".
E lo faccio!!!

*) L'unica cosa buona che si veda qui

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