giovedì 24 aprile 2014

Così vicini... così lontani

Da anni ormai aspettavo di vedere

Vernon, Florida di E. Morris (1981)
☻☻

e nel frattempo ho vista gran parte della serie Interview Project di David Lynch, di cui questo potrebbe essere l'episodio pilota, ambientato nella cittadina del titolo; questo non rende i protagonisti del documentario di Morris meno originali -nel senso più ambiguo possibile del termine


ma anche questi, come tutti i protagonisti del serial lynchiano online, non sembrano esser dotati di qualità intellettive tali da poter volgere la loro obliquità a favore di qualcuno, e tantomeno di loro stessi; 
il cacciatore di tacchini, che ammira molto l'intelligenza delle sue prede ("sono i migliori uccelli che abbiamo")


sembra in effetti reduce di una guerra quotidiana contro i "gobblers", affetto da stress post-traumatico cronico, e destinato ad un perenne confronto in cui le strategie sono eque, a differenza degli armamenti;
una catena di eventi ha menato invece quest'uomo


al possesso dell'agognato furgoncino che può sfoggiare sorridendo all'intervistatore; non è un racconto entusiasmante, ma forse in realtà l'uomo è lo stesso cacciatore di prima in abiti da carpentiere;
sapete quante volte è ripetuta la parola "therefore" (pertanto) nel Vangelo?
Chiedetelo a lui, o meglio seguite il suo sermone in questo film per saperlo:


perché lui le ha contate, e le sue conclusioni a proposito sono quantomeno risibili, e prive di un senso logico che si possa dir tale, come gran parte di ciò che dicono i predicatori; ma forse la cosa più interessante è il fatto che costui potrebbe essere lo stesso carpentiere di prima, con l'abito della festa...
Al di là della somiglianza tra i vari soggetti, non ho trovato particolari motivi di interesse nell'opera di Morris, che in origine avrebbe voluta essere basata sulla più intrigante trovata di alcuni abitanti della zona Sud della città, che si erano amputati degli arti (non meglio specificati) per farla in barba all'assicurazione; le minacce di morte ricevute dall'autore lo convinsero infine a ripiegare su questo film-intervista in cui ha permesso ad altri - benché meno scaltri - abitanti di Vernon di farsi conoscere nel mondo. 


Fare questa conoscenza per il blogger non è stato esattamente un piacere, ma il film è una ennesima conferma del fatto che i personaggi meno probabili che si possano vedere su uno schermo non sono invenzioni degli sceneggiatori di Hollywood, sono i nostri vicini di casa. Soprattutto, se abitiamo in Florida.
A Vernon.

Prima di scoprire il mostruoso inganno cibernetico di The Matrix, i F.lli Wachowsky ne erano parte integrante, come dimostra il loro film d'esordio


Bound di A. e L. Wachowsky (1996)
☻☻+

ovvero una produzione indipendente in stile Hollywood basata sulle tre "S" dei film di gangsters: Sesso, Soldi e Sangue; la novità importante è che il -poco- sesso che si vede qui è quello tra le due protagoniste femminili (e non le protagoniste maschili =), ovvero la rude, atletica, manesca e idraulica Gina Gershon -certificata kosher- e la venerea Jennifer Tilly, che fu sposata per qualche tempo al super-giudeo Sam Simon, complice di Groening nella produzione dei Simpsons; costei vanta (anche) sangue "First Nations" nelle vene:


quanto basta per renderla simpaticamente particolare;


(e con un make up da Oscar)


(per non parlare della toilette);

protagonista maschile è Joe Pantoliano, che poi avrebbe tradito Neo nella saga di Matrix, e qui veste comodamente i panni eleganti di Caesar (in realtà Cesare, come sentiamo dire poi da Christopher Meloni as Johnnie Marzzone, con due "Z" dopo la "R"!!), nella parte del picciotto


il cui ruolo nella Famiglia è rappresentato molto chiaramente - e ironicamente - nel film:


"lavaggio di denaro sporco"; 
(da notare la tonalità "artistica" del sangue, che paradossalmente io direi "Giallo-Argento")

la machiavellica pupa-del-ganster Violet, interpretata dalla Tilly seduce la ex-galeotta lesbica e occasionale vicina di casa (Gershon), in una scena definita -giustamente- steaming (fumante) dagli Americani


coinvolgendola poi nel furto dei 2 milioni e rotti premurosamente lavati e stirati -uno per uno dal suo uomo; ovviamente nulla va per il verso giusto, ma nessuno dei protagonisti scopre di vivere in una realtà olografica controllata dall'Architetto, pertanto la farsa continua imperterrita fino alla fine, come in vero film noir

con un intermezzo exploitation nel bagno

la cui caratteristica precipua è appunto il ruolo della "terza incomoda" nel triangolo, o meglio il suo incastro nella coppia


che provoca una serie di conseguenze meta-sessuali, e inevitabilmente fatali

per qualcuno;

il significato dello Happy Ending è relativo alle simpatie dello spettatore; 
Bound è un film stranamente misurato, che non offre alcun indizio dell'imminente "rivoluzione cinematica"  rappresentata dal film successivo dei Wachowsky, e ci ricorda invece i noir classici di un' epoca ancor più remota, in un racconto serrato e claustrofobico -ambientato in tre o quattro interni- che per questo finisce per risultare paradossalmente teatrale; ma questo a ben vedere si può dire anche della maggior parte delle nostre vite... Dobbiamo ringraziare i Wachowsky per avere inserito il fattore L -come Lesbo- nel genere noir? Dobbiamo menzionare il famoso bacio premonitore fra altre due kosher girls in Black Widow di Bob Rafelson, visto nel 1987 (!)? Per quanto mi riguarda, mi contento di non avere del tutto buttati i 108' di questa visione, perché guardando Bound mi sono infine reso conto perfettamente che il 1996 appartiene ad un'altra Era Geologica. Cinematograficamente parlando, un'era Pre-Matrix.

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