Ho aspettato un pezzo prima di vedere
The Hobbit: The desolation of Smaug di P. Jackson (2013)
☻☻☻+
scoraggiato dal commento di un amico che lo aveva definito "noioso"; al contrario;
il secondo capitolo della mini-saga tratta dal romanzo The Hobbit di Tolkien è decisamente più in linea con i precedenti film della serie The Lord of The Rings, e una volta ri-superato l'impatto con la materia digitalizzata offre due ore di grande spettacolo, una pletora di sfondi incantati, onirici e sinistri
scenari di corse a perdifiato, battaglie mozzafiato, e persino Stephen Fry
col fiatone;
l'altra novità nel cast è la comparsa di Evangeline Lilly, nei panni dell' elfa superflua (o silvestre)
Tauriel
per il blogger essa rappresenta il ricordo dell'ultima serie TV (live action) mai vista, Lost (2004) e soprattutto quello dell'ultimo naso femminile di cui mi sia invaghito; malgrado tutto, devo ammettere che Miss Monkey ha ancora un gran bel paio di narici... Nasi così ormai li fanno solo in Canada.
Ma il protagonista assoluto qui è il desolato quanto fiammeggiante personaggio del titolo, il vasto drago Smaug, che vive sepolto nel suo sconfinato tesoro sotterraneo;
una delle poche creature interamente digitali davvero ben riuscite, fra le tante proposte dal cinema negli ultimi anni, incredibilmente vivo e realistico, e che pure paradossalmente mi ha ricordate certe creazioni della Disney; su IMDB scopriamo che "è necessaria una settimana-processore per renderizzare una squama del corpo di Smaug. In altre parole, se si fosse utilizzato un computer con un singolo processsore, ogni squama avrebbe richiesta una settimana per essere completata. Fortunatamente, la Weta Digital ha utilizzata una serie di server multi-processori..." -- Il risultato è decisamente rimarchevole:
Ma mi chiedo quanto ci sarà voluto per renderizzare tutte quelle monetine che rotolano attorno a lui...
?
Il titolo del blogger anglofilo è riferito a questo tuffo linguistico nel magico regno del fantasy, più prossimo alla realtà del nostro passato, quel regno incantato (la Nuova Zelanda) in cui tutti parlano una sorta di mid-atlantic. Ormai, anche nel cinema il suo uso è limitato perlopiù alle fiabe.
(Le monete sono vere!!!)
RispondiEliminaSono gli incassi del film :-)
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