giovedì 23 aprile 2015

Den vita stenen

Per la seconda volta, nello stesso angolino della città, al termine di un viottolo ombroso che pullula di botteghe e caffè, ho sentito un bambino dietro di me dire qualcosa di curioso alla sua mamma;
 il primo, vedendo un dalmata legato sull'entrata del ferramenta in attesa del padrone ha esclamato:  "Mamma guarda, una mucca!" -- La mamma ha risposto che non era una mucca, ma un cane.
Il secondo, verosimilmente un altro bambino, l'ho sentito oggi, sempre alla fine di quella viuzza dove si immette in un budello ancora più stretto e più ombroso, rinchiuso fra le mura delle vecchie case; compiendo questo  passaggio cruciale il bambino ha chiesta un' informazione: "Mamma, ma questo è un altro paese, vero?"
La mamma ha risposto semplicemente no, ma era un "No" prolungato, autorevole, e tutto sommato convincente. Non ho avuto modo di sentire il resto della conversazione.

La cosa, oltre che divertirmi, mi ha rimandato a quella sorta di adagio popolare moderno che dice "I figli ti cambiano la vita"; per chi non ha esperienza diretta, ma è pronto ad apprendere dall'osservazione come spesso i genitori non fanno, è chiaro che i "figli" cioè tutti i bambini, di fatto cambiano il mondo stesso in cui vivono i genitori, semplicemente vedendolo -e nemmeno guardandolo- da un altro punto di vista, unico e personale, per cui un cane bianco a macchie nere non può  che essere una mucca pezzata -come quelle viste probabilmente su un libro, e non dal vero, il che rende la mucca non meno fantastica dei protagonisti de La carica dei 101 - così come una stradina che sembra portare dall'ombra verso il nulla è una parte assestante nello stradario urbano, o un "altro paese"...

Un'altra osservazione degna di postaggio, corredata di immagini, è ancora una volta quella che riguarda la natura, e prima ancora di far muovere qualche ingranaggio neurale e poi digitale implica l'uso diretto dei sensi, risvegliati dalla stagione che fiorisce; oggi ho vista, annusata e inevitabilmente catturata con il telefonino la prima rosa:


dal colore entusiasmante; senza parlare del profumo; per l'osservatore casuale, dirò soltanto che questa "macchina fotografica" dalla risoluzione minima in genere non riesce a catturare nemmeno il più vivace rosa di un tramonto, il che può bastare se non altro a comprendere tutto quello che non è visibile in questa immagine;
sempre a questa mattina, poco prima di questa gradita sorpresa, risale il mio secondo incontro con lo stupefacente albero di lillà, che dispensa uno dei profumi più fragranti, delicati e squisiti che abbia mai esperiti durante la mia annosa carriera di annusatore di fiori, piante & erbe:


In attesa che l'odorama venga integrato nell'internet, sappiate che tra i fiori di lillà (Syringa vulgaris) abitano le fate, il che rende magico questo luogo come risulta ovvio dalla sublime fragranza dell'aria che si respira nei pressi. E non cipressi.

Il glicine è ovunque, il suo profumo è sempre inebriante, ed è sempre un gran bello spettacolo, anche in una pessima foto digitale:


il mondo sta sbocciando di nuovo attorno alle mura cittadine



ad ogni angolo di strada, su ogni albero


in ogni giardino


e benché non sia un fenomeno esattamente moderno, ogni volta è facile dimenticare l'estrema brevità di queste esplosioni di vita; ieri mattina gli alberi erano ricoperti di fiori rosa, e oggi tutti i fiori sono a terra morti; i cespugli che un attimo fa erano carichi di piccoli perfetti capolavori colorati adesso portano dei fiorellini spiegazzati e cadenti, che domani non potrò o vorrò nemmeno fotografare...



Su un altro angolo di un'altra strada (o un altro paese?) nel corso degli anni ho rinvenute due pietre; la prima bianca, quarzifera, liscia e levigata come quelle che si trovano sugli argini dei fiumi; la seconda, altrettanto candida, e apparentemente con stessa composizione, è al contrario estremamente spigolosa, un frammento appuntito simile a un dente (di qualche mostro di pietra, suppongo):


la caratteristica precipua di queste pietre, di cui ho avuta notizia soltanto ieri, è la loro compatibilità, o dovrei dire componibilità geometrica; infatti la linea parabolica dell'unico lato curvo del "dente" corrisponde alle curve dell'altra pietra da ognuno dei suoi lati;





Si direbbe quasi che l'una sia stata utilizzata come matrice per la forma dell'altra, ma in quale ordine non saprei dire. E quale che sia il motivo per cui alcuni bambini, più o meno cresciuti, ricercano e infine trovano una o più pietre bianche sul loro cammino, come facevano i protagonisti di certi sceneggiati svedesi degli anni '70 (da cui il titolo del post odierno)


il trovarne due così perfettamente compatibili tra loro e a distanza di anni una dall'altra, nello stesso punto della città -che è letteralmente l'angolo di una strada molto trafficata- mi rende un'idea di continuità, di frattalità uni-versale, che  per qualche motivo suggerisce un qualcosa a proposito dell'eternità. A questo punto, secondo il cliché cine-televisivo ormai abusato oltre misura, qualcuno direbbe che "le cose cominciano a prendere forma" o "i tasselli del mosaico combaciano"; ma quello che ognuno conosce a proposito dell'eternità, espressa nel genoma umano, ci rimanda all'inizio del post, con i bambini che su un altro angolo di strada, e apparentemente nello stesso paese, ri-formano il mondo ogni volta, e i piccoli boccioli rendono immediatamente vecchi e cadenti i fiori maturi da cui sono discesi, pronti a cadere e a dissolversi nell'arco di una sola stagione...

Per noi robot organici non c'è più alcun dubbio, nature's corrupted in factories far away




and future pixels on the same corner of the same street

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