giovedì 9 ottobre 2014

Ritorno al passato presente


Edge of Tomorrow di D. Liman (2014)
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tratto da un romanzo di Hiroshi Sakurazaka del 2004, utilizza lo stesso principio della serie Back to the future (1986/89/90), ripreso poi con successo in Groundhog Day (1993), e che nel corso del tempo abbiamo visto evolvere in vari films e con diversi arrangiamenti, tra cui Memento (2000), Deja Vu (2006), Los Cronocrimenes (2007), (il sublime) Triangle (2009), Source Code  (2011), Looper (2012) e persino nell'ultimo capitolo degli X-men: Days of future past (2014); qui lo vediamo proiettato dallo sceneggiatore di The usual suspects (1995, una pregevole variante letteraria sul tema della "realtà futura") in uno scenario di guerra umano-aliena paragonabile a quello Starship Troopers (1997), con la "novità" dell' esoscheletro meccanico, che pure esordì nel 1986 con Aliens, ed è poi evoluto fino al modello da combattimento di Avatar (2009) in due film di James Cameron; è quindi lui il padrino ufficiale dell'esoscheletro cinematografico, anche se il più recente lo abbiamo visto da poco in un ruolo primario, nel deludente Elysium (2013) di N. Blomkamp;
come si può evincere da queste righe, c'è ben poco di nuovo da vedere e/o ri-vedere nel film di Liman, e tra le cose vecchie c'è anche Tom Cruise, ricoperto da una sottile patina di vecchiaia sintetica, forse aggiunta con il computer


coinvolto in questo ennesimo progetto sci-fi dal budget astronomico che è una produzione "ricca", di quelle che si possono permettere una star del suo calibro, che poi di fatto sarà anche il meglio offerto dal film, ovvero una star, un grande professionista, un attore tanto capace da poter sostenere un ruolo insostenibile, in un film barcollante e poco convincente nell'insieme, solo in virtù della sua smisurata fama, derivata da un genuino quanto antipatico talento (quello dell'hypokrites); Cruise non è nuovo a questo tipo di operazioni, tra cui il "prevedibile" (riguardante le previsioni del futuro) Minority Report (2002) di Spielberg, e forse in fondo oggi questo è l'unico vero ruolo della star di Hollywood, che egli impersona alla perfezione;

e c'è anche il vecchio Bill Paxton, sempre bravo a fare il provincialotto baldanzoso, oggi come 20 anni fa
il "trucco" della reiterazione della scena che ancora una volta ci rende un eroe immortale derivato da un tizio qualsiasi (..già sentito? o deja-vu?) risulta presto noioso nel film come alla lunga lo fa nel cinema, malgrado l'inevitabile curiosità; tutti si aspettano di vedere come ne verrà fuori il pluri-morto e multi-risorto Cage ("Gabbia", un ovvio riferimento al corpo fisico, rafforzato dalla assenza di un nome proprio del personaggio), e per non smentirmi lo anticipo volentieri allo spettatore di Pacific Rim (2013), il finale è più o meno quello, ed è il colpo di grazia; 

...se non altro, Emily Blunt parla Inglese
infine, dopo tanti titoli che utilizzano questo "trucco" del ritorno, sembrerebbe quasi che uno sceneggiatore sconosciuto dal futuro ispiri ormai quasi-regolarmente certi sceneggiatori del presente per trasmetterci un messaggio ancora misterioso sulla nostra realtà di spettatori nel suo passato, a proposito di qualche evento terribile che potremmo forse evitare se riuscissimo a decodificarlo; in questo caso credo che si sia creato un paradosso spazio-temporale, e che infine il misterioso pronipote sia riuscito a inviare il suo messaggio chiaro e tondo: non guardate questo film
Ma per me è troppo tardi. 
Fate che il mio sacrificio non sia vano.

Vorrei scrivere qualcosa anche su

The hornet's nest di E. Salzberg, C. Tureaud (2014)

sorta di reportage digitale su una missione in Afghanistan a cui partecipano Mike e Carlos Boettcher, padre e figlio, i due tizi qui sopra. Essendo zona di guerra, ci scappa qualche morto.
Tutto ciò che voglio ricordare di questo "film" è che l'ho visto, e posso fare a meno di rifarlo.
Uniche sequenze degne di nota, questa:


con protagonista Gea in persona,e LEI:



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