martedì 11 agosto 2015

Tato e lo zerbino

Ascoltare un film in Polacco mi ricorda ancora quello che ho sempre pensato, che per conoscere il mondo bisognerebbe imparare tutte le lingue, ma nessun uomo è mai stato in grado di farlo;
oggi ho imparato che tato in polacco significa "papà";


matka in polacco come in Ceco / Slovacco significa "madre" ma è anche il diminutivo di mat, che significa "zerbino"; per inciso "matka" in Finnico sta per "viaggio" e "distanza" (id.);
egoista (dal lat. "ego", io) rimane lo stesso (almeno) in Ungherese, Finnico ed Esperanto, oltre ovviamente al Polacco;
koń -pl. konie- significa "cavallo"; strana l'assonanza con l'unica parola Polacca (anzi, Cecoslovacca) nota ai telespettatori della mia generazione, che è koniec, cioè "fine" (come nei cartoons di Gustav), soprattutto se consideriamo la radice "mare" (puledra, che è anche usato anche tanto per le asine quanto per le femmine umane) nel termine composto night-mare (incubo notturno, dal termine Ing. Ant. per "incubo" o "mostro") dal Fr. "cauche-mar" (spirito che opprime, che schiaccia) dal proto-Indoeuropeo *mor, "spirito femminile malevolo" (https://en.wiktionary.org/wiki/cauchemar);
curioso? io direi "tak", che in Polacco sta per "sì"; in Svedese e Norvegese è "tetto" o "soffitto", in Indonesiano è "non", in Serbo-Croato è la stecca del biliardo; etc., etc., etc.
il verbo strādāt (2a e 3a pers. sing. stradā) -che non risulta nel dizionario Polacco ma in quello Lettone (cioè della Latvia, che per noi è la Lettonia)- è un "prestito linguistico dallo Slavo antico  страдати ‎(stradati) che sta per "patire, lavorare duro, soffrire"; in Polonia corre la autostrada; la nostra strada deriva dal Gr. antico strata (tutt'ora invariato in Siciliano) che in latino era plurale di stratum, come strato, o "copertura"; in Polacco "strada" si scrive --e si pronuncia "droga";
continuiamo dunque per la nostra strada..

Diabel di A. Żulawski (1972)

qui scopriamo che quello di Żulawski è sempre stato un cinema gravemente epilettico



(alcune delle frequenti crisi)

e i movimenti rotatori della macchina che circonda gli attori in un campo di forza sconosciuta sono una delle sue cifre stilistiche più rimarchevoli e longeve;


ma qui siamo in una fase precedente a quella jazz-fusion-new-wave-gangster-horror che ci ha offerti dei piccoli capolavori del bizzarro come Mes nuits sont plus belles que vos jours e Possession, la colonna sonora stridente, elettronica e rockettara (con un virtuoso intermezzo di scacciapensieri) definisce un momento "progressive" di Z. che segue un flusso filmico inarrestabile e quasi sperimentale, in cui la simbolica "resurrezione" del protagonista è il pretesto (non troppo originale per un Polacco, in verità) per la solita cascata di cinema selvatico, sempre urlato, abbaiato, scalmanato, stra-recitato e strafatto in ogni inquadratura; 


nelle scene in cui nessuno sbraita, inveisce o strilla, quando nessuno scappa, o rincorre, o picchia o stupra o ammazza qualcun altro, il flusso narrativo prosegue implacabile in forma musicale oppure verbale, nei dialoghi a briglia sciolta, nei movimenti di una macchina da presa inarrestabile, che sembra voler prendere tutto;

(quel lettino è l'unica cosa che salverei del film)

Purtroppo questa ennesima grottesca sarabanda metanfetaminica in perfetto stile Żulawskiano va a finire, secondo la tendenza del mondo-movie in voga a quei tempi, con delle scene assai spiacevoli; in questo film un cavallo si ferisce in qualche modo; ho evitato di vedere la cosa per intero, ma qui c'è un fotogramma a comprova della mia affermazione; 


e ovviamente non esiste nulla di simile ad una AHA polacca che ci rassicuri in extremis con una bella didascalia nei titoli di coda; non di meno, quello che la donna solleva a fatica nel finale, e dovrebbe essere la trasformazione finale del presunto "diavolo" del titolo che l'ha appena stuprata (warning: spoiler) è il corpo inerte di un vero lupo che si direbbe davvero morto:


e se il singolo caso può sembrare triste ho sentito dire che certa gente paga per passare il weekend a sparare contro lupi, cervi e quant'altro in alcuni paesi dell'Europa Orientale... come appunto la Polonia...
Il diavolo esiste, e se qualcuno avrà il coraggio e lo stomaco di guardarsi questa orgia cinematica, di un autore che sta fra Ken Russel e Kusturica, con una certa simpatia per la sceneggiata napoletana, non farà alcuna fatica a distinguerlo nella massa traboccante della materia audiovisiva; è quello che NON si vede.
Ma di cui siamo costretti a vedere le conseguenze.

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