venerdì 14 novembre 2014

Cinema a catinelle

Per chiunque si trovi nel frangente in cui si trova attualmente il blogger, funestato da un mucchio di titoli disperatamente mediocri che spesso non meritano il tempo di un post, con l'urgenza di una dose massiccia di cinema vero e proprio, nudo e crudo, senza mezzi termini, consiglio volentieri


Kárhozat di B. Tarr (1988)
☻☻☻☻+

e il mio consiglio si estende alla qualità della visione, che sia possibilmente superiore a quella proposta da Youtube:


(ma è meglio di niente)

Dall'autore del memorabile Werckmeister Harmonies (2000) proviene questo film profondamente e intensamente Ungherese (che sappiamo ormai distinguere dal film di tipo Milano a prima vista)

(C'è un volto nascosto in questa immagine?)

per il quale vale tutto ciò che ho scritto lo scorso Febbraio a proposito dell'"ipnotico" e "superbo" film del 2000, un' altra opera cinematografica di rara purezza dove il carrello è ancora il vero grande protagonista e ancora più efficace qui nella esasperata lentezza dei suoi movimenti, che scansionano millimetricamente quadri fradici di una impressionante bellezza fotografica bianca e nera, creando una intimità più unica che rara tra l'immagine e lo spettatore;


anche grazie alla maestria del DoP Gábor Medvigy;
quella di Tarr è una limpida riflessione filosofica che ci appare come un impossibile fenomeno naturale, scrosciante come la pioggia che riempie ogni scena, un diluvio cinematografico; 


un nubifragio filmico, il cui carattere catastrofico lo rende consigliabile ad ogni serio cinefilo che ricerchi l'emozione del cinema al di sopra di ogni carattere particolare dell'opera; che è senz'altro molto particolare, e questo rende paradossalmente sublime l'universalità del suo messaggio, che non va ricercato, ma a mio parere richiede lo sforzo di lasciarsi impregnare, inzuppare, e possibilmente anche di essere sommersi e di fluire liberamente con la narrazione, al di sopra del fango delle strade che ci hanno portati fin qui.


Il Magiaro non è una lingua "facile" nemmeno all'ascolto, e questo handicap linguistico completa il paradosso sublime di una storia relativamente "brutta" (in senso lato), interpretata da facce non esattamente hollywoodiane, su sfondi di uno squallore surreale, e dove la bellezza dell'insieme appare a tratti insostenibile, una vera emozione metafilmica il cui mistero -riflesso del mistero personale che rappresenta l'Autore (V. post prec.) - è una tragica riduzione del mistero umano, di cui quest'opera è uno dei rarissimi esempi recenti che dimostrino, in quanto opera umana, come esso valga tutta la pena di essere indagato; oltre ad essere un film da vedere (e sentire) Kárhozat è uno dei pochi film il cui finale vale tutto il film, e in questo caso non è davvero poco:


anche se non sapremo mai il nome dell'occasionale controparte canina, un vero talento naturale.

Un film di solennità morbosa e gloriosa decadenza, una vera esperienza audiovisiva e intellettuale che per il blogger è una conferma definitiva del genio di Tarr e la promessa di nuove grande emozioni, dovute solo alla mia ignoranza relativa all'Autore. La mia watchlist si allunga...

Una curiosità in omaggio, ecco come si scrive "polizia" in Magiaro:

non oso immaginare come si pronuncia

2 commenti:

  1. Tarr è un mostro... purtroppo non in senso figurato; quello che ha fatto in Satantango è imperdonabile, e meritevole di una punizione esemplare, magari Cinese --- o addirittura Cristiana -- non elimino il post, ma eliminerei volentieri la feccia umana che questo personaggio rappresenta

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  2. e lo stesso vale per Bertolucci, Malle, Weir, Tarkovsky... e tutti gli "amici del Mondo", che non saranno mai amici miei... schiuma della terra

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