pubblicato ieri su WestInfo, a cura della Commissione Globale per la Politica delle Droghe (cliccare il titolo per leggere il PDF online) dove si propongono alternative sensate alla "drug war", colgo volentieri l'occasione del post di Cannabis Training University su Facebook per ornare degnamente il mio post di oggi, perché questo:
è il tema;
oggi sono in bolletta, tanto per cambiare; non è ancora finita l'estate e io ho appena i soldi per mantenermi in vita a stento; nel mio cassettino mi restano un paio di biglietti di banca, ma non quelli del colore giusto, e una cifra approssimativamente stimata di 140.000 euro; ma come, si chiederà il lettore, sei "in bolletta" e hai 140.000 euro nel cassetto? Ma come è possibile una simile assurdità?
Questa mattina il cielo è grigio, e dopo la grandinata colossale di questa notte il tempo non promette niente di buono; ho tutto il tempo di descrivere la situazione, questa realtà assurda, intollerabile, semplicemente vergognosa, in cui gravito qui e ora, prima del risotto alla milanese vegan della mamma;
senza quello oggi non mangerei, tanto per cambiare, eppure ho più di centomila euro proprio qui, nel mio cassettino;
la stima è basata su un conto approssimativo dei semi di cannnabis indica che ho raccolti negli ultimi mesi; sono (sempre stato) un consumatore, non uno spacciatore né un coltivatore, anche se la mia unica esperienza in botanica -nei remoti anni '90- è stato un evento memorabile per qualcuno;
sono un semplice consumatore, e consumando, si sa, capita sempre il semino che non si può buttare, perché è sacro quanto la canapa ed è anzi l'anima stessa della canapa, ogni seme è una pianta pronta a nascere, e pur di non gettarli li raccolgo in uno scatolino che tengo nel cassetto; inutilmente;
i semi di canapa sono forse il cibo perfetto per l'uomo, ma ovviamente io sono un "consumatore abituale" delle infiorescenze; con la fibra di canapa è possibile costruire una casa, un'auto, un letto, un computer, o qualunque altra cosa, ma questo non mi importa, sono un drogato di fiori, e tutto il resto se lo possono tenere;
"conto" di avere raccolto un centinaio di questi semi, che in altre circostanze potrei piantare e crescere facilmente, a qualunque latitudine, e rivendere poi sul mercato nero al costo medio attuale di sette euro al grammo; calcolando una media (bassa) di duecento grammi di infiorescenze da ogni pianta, otteniamo così la stima (bassa) dei 140.000 euro;
adunque questo è il paradosso che vivo qui e ora, e l'ho sempre vissuto da che ho iniziato a fumare, il paradosso del consumatore che non ha i mezzi né lo spazio adeguato per essere un produttore, e provvedere naturalmente e direttamente al proprio fabbisogno quotidiano, che per quanto posso ricordare è anche una delle più grandi soddisfazioni mai conosciute; la legge non consente di curarsi da soli perché la cannabis, il più grande nemico del malessere umano, a differenza dei farmaci di sintesi tende a guarire le peggiori malattie come cancro, sclerosi multipla, AIDS, etc.;
la coltivazione di questa pianta è ancora illegale nel nostro Paese, come nella maggior parte dei paesi del mondo; per questo, e solo per questo motivo, è possibile vendere e comprare il fiore secco di una pianta, non trattato o elaborato in alcun modo, alla cifra inaccettabile di sette euro al grammo (le varietà d'importazione possono arrivare fino a quindici euro);
ho riassunta ancora una volta questa condizione vergognosa vissuta sotto il regime proibizionista, che è sempre stata una offesa all'intelligenza dell'uomo, che viene mantenuta dal 1937 a oggi ed è aggravata ogni giorno dalla sua mera esistenza nel nostro sistema legislativo, nel momento in cui mi ritrovo a fronteggiare ancora una volta i miei bisogni di consumatore, di paziente, di essere umano creativo e consapevole, e di consumatore in bolletta, che deve rivolgersi ancora una volta alla fantomatica "mafia" per avere i suoi fiorellini sacri, la sua "pianta magica" e terapeutica, una cosa che potrebbe avere in quantità più che sufficiente per sé in ogni stagione, in ogni momento, senza grandi sforzi e nessuna spesa oltre l'innaffiatura quotidiana;
è l'ennesima occasione per esprimere il mio più profondo, solenne, insopprimibile senso di vergona nei confronti di quelli che dovrei considerare i miei simili, di tutti coloro che accettano l'assurdità delle piante proibite, che sappiamo istintivamente essere buone per l'uomo (e per le quali abbiamo una preferenza naturale) come la canapa, il papavero, la coca, senza nemmeno dimostrarsi contrari a questo abominio;
io credo che per quanto mi riguarda in genere basti un'occhiata per comprendere quanto sono contrario a tutto questo, ma sono anche un blogger, e di tanto in tanto devo postare; è un effetto collaterale desiderabile;
Identity di J. Mangold (2003)
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che era tra i pochi titoli mai letti o sentiti prima in una qualche top-twenty dei migliori thrillers su internet;
il film ha dei numeri al di là del solido cast, con il solito inerte John Cusack protagonista e il sempre sorprendente Ray Liotta qui preso in prestito; soprattutto nell'avvicendarsi -è il caso di dirlo- iniziale di misfatti e accidenti che portano un gruppo di persone a rintanarsi nel canonico motel sperduto in una notte di tormenta (cosa che peraltro coincideva con il meteo locale di questa notte);
con l'imbrogliarsi esponenziale dei singoli casi che si intrecciano a formare il tessuto narrativo e la rivelazione dei personaggi l'interesse inizia presto a scemare (sono tutti Americani!) e per quanto mi riguarda al "climax" del film è corrisposto un principio di noia, che non mi ha impedito comunque di vederlo tutto senza skippare una sola sequenza; il finale è decisamente catastrofico in un senso non-teatrale, e se per alcuni titoli può valere tutto il film in questo caso sarebbe la parte da evitare; potrei concludere che tutto sommato Identity è una fregatura, ma non ne ho avuta notizia fino agli ultimi minuti, e questo si può considerare un pregio; consiglierei quindi al mio lettore la visione del primo tempo, e qualunque cosa si possa inventare per il secondo sarà senz'altro migliore di quello che è. Se non che egli sia uno sceneggiatore Londinese figlio di uno sceneggiatore Londinese, che nelle sue note biografiche su Wikipedia si trova citato il pargolo come autore di questa sceneggiatura; non è proprio quello che io direi lusinghiero, per nessuno dei due.
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