domenica 22 giugno 2014

Post-riboli e predic-attori


Wise Blood di J. Huston (1979)
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è un film profondamente anti-religioso, e l'adattamento di "Jhon" Huston del best seller omonimo di Flannery O'Connor (1952) sullo schermo assume le medesime proporzioni mostruose della sua "divina balena", che finisce per trascinare il malcapitato Hazel Motes, predicatore per sbaglio


(Brad Dourif in un raro ruolo da star)

in un mare di ipocrisia, confusione, candore e mera ignoranza, nel quale sguazzano i suoi neo-concittadini; 


--gran bella gente--


Wise Blood è una parabola moderna sul potere della parola, che mena lo spettatore ad interessanti riflessioni a partire dal memorabile "proverbio" forgiato per l'occasione da Hazel: 

"Nobody with a good car needs
to worry about nothing"

("Nessuno con una buona auto si deve preoccupare di nulla");
una storia del profondo Sud, la palude umana fotografata nella città natale di O'Connor (Macon, GA), 


in cui la sciatteria, l'ottusità e la balordaggine sembrano essere le uniche alternative al sopruso, all'abuso mentale caratteristico dei religiosi, che Hazel si accorgerà troppo tardi di aver perpetrato innanzitutto su di sé; sempre che se ne sia mai accorto;
il trattamento del soggetto di Huston è estremamente moderno, quasi-documentario e veristico finanche nelle locations, come si è visto; va segnalata la presenza del monumento umano, Harry Dean Stanton nel ruolo dell'avversario di Hazel, Asa Hawks


in coppia con la sua sinistra marmocchia Lily interpretata da Amy Wright, perfetta nel ruolo della fanatica vogliosa repressa, e il sempre ingombrante Ned Beatty (as Hoover Shoates), la cui memoria è irrimediabilmente legata al suo ruolo di suino nel film d'esordio, Deliverance (1972)


e purtroppo per gli americani è forse l'attore che li rappresenta meglio in assoluto;

in questo film, in particolare, ci possiamo rendere conto del reale valore di questo grande attore, condannato a fare da spalla e/o da villain per motivi fin troppo ovvi; 
ma, non di meno, la sua filmografia vanta 146 titoli;

da notare anche le prodigiose NUVOLE DEGLI ANNI '70


(chi ha buona memoria sa di cosa parlo)

e l'ancor più disgraziato complice di Beatty/Shoates, il sempre decadente William Hickey


protagonista di una sequenza di crudezza intollerabile per l'epoca;

dulcis in fundo, Wise Blood è uno dei rarissimi film in cui viene mostrata l'attività "più intima e umiliante" (secondo qualcuno) dell'essere umano, il taglio delle unghie dei piedi, qui nella versione femminile


(e spiata)

mentre l'ultimo episodio di cui abbia memoria era maschile, in questo post; queste sono cose che fanno la differenza;

infine, non è possibile per il blogger sensibile evitare di menzionare il supporto musicale di Alex North, che commenta le immagini attingendo dalle sonorità rustiche del Sud (il banjo) con effetto più o meno comico, e in alcuni passaggi rasenta lo sperimentalismo utilizzando sonorità dell'avanguardia elettronica, che attualmente sono più note come 8bit, o nintendo music; per avere osato questo connubio, il 15 volte nominato all'Oscar (per titoli come Spartacus, Cleopatra, etc.) Mr. North si merita un elogio da parte mia. 
Ovviamente, North era un "ebreo" di origine sovietica.


arriva GONGA!!


Wise Blood è un film da vedere e/o rivedere (magari in versione originale) per la bravura del cast e del regista, per l'interessante e stimolante visione meta-satirica del mondo religioso, per l'insieme dell'opera, anche se la sola, breve sequenza che ha questo tizio come protagonista

(Daniel Albright)

nel  ruolo del poliziotto impassibile, vale tutto il film;
un altro gioiello filmico firmato da Huston, che assieme all'amarezza di Fat City (1972) racconta un altro "sogno americano" di cui nessun americano si potrebbe dire fiero; simbolicamente onesto;


The Reivers di M. Rydell (1969)
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abbiamo già apprezzato l'adattamento di Sirk per un'opera di Faulkner nel post dedicato a The Tarnished Angels (1957); ma il filo conduttore di questo post è il banjo, strumento dalla inconfondibile sonorità metallica, che nelle composizioni del pluri-premiato John Williams rallegra anche le spensierate malefatte di "Boon il saccheggiatore" (altro misterioso titolo della dist. It. nella lunga lista dei misteri) alle prese con una prostituta di cui è innamorato e una imprevista corsa di cavalli da cui dipende il futuro dei tre protagonisti, e della loro fiammante automobile, "The Winton Flyer", inventata per le riprese:


in una movimentata avventura on the road che è un inno all' amore libero (o "sesso") molto in voga all'epoca del film (e non del romanzo di Faulkner); in particolare, l'amore a pagamento; The Reivers è un manifesto della prostituzione come colonna della società, dove negli interni postribolari domina l'horror vacui 


di un decò western talvolta minaccioso


premio Oscar 1969 per le migliori porcellane;

in Paper Moon (1972) John Hillerman nei panni dell'odioso sceriffo racconta che dalle sue parti mangiavano i cocomeri (watermelons) con il sale; qui lo vediamo fare (dalle sue parti?)


dall'odioso sceriffo (che non è John Hillerman); io l'ho provato per la prima volta l'altro giorno, e devo ammettere che non è per niente male anche se non vivo al Sud... Anzi, è il momento giusto per una pausa.

Gerry Fisher (che è un cognome tipicamente giudaico), direttore della fotografia di Wise Blood, compare con lo stesso titolo nel crew di 


Yellowbeard di M. Damski (1983)
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dove i tre vascelli (Inglese, Francese e Spagnolo) sono interpretati dalla sola nave a disposizione per le riprese, la replica dello HMS Bounty costruita per il celebre remake (Mutiny on The Bounty) del 1962; e come vediamo qui, essa sostiene abilmente il suo triplice ruolo tra i flutti: 


basta riprenderla da diverse angolazioni, magari con una mano di vernice...


oppure anche di notte! :-)


Gran bel legno, comunque, è uno dei pochi mezzi sui quali mi sposterei volentieri; 
il film di Damski, regista prepotentemente televisivo, com'è ovvio qui, non è grande né bello, tanto che John Cleese dichiarò di aver accettata la parte 

(as Blind Pew)

come favore all'amico Chapman, anche se pensava che fosse il peggior copione che avesse mai letto, e in seguito giudicò il film "uno dei sei peggiori nella storia del mondo";
di fatto, al di là della presenza fisica dei tre ex-Python 


il film è agli antipodi della comicità irriverente, innovativa e intellettuale del celebre gruppo comico, e si rifà ai "nuovi classici" della commedia cinematografica americana (con il solito, tradizionale retrogusto yiddish) di tipo parodistico, a partire da Young Frankenstein (1974) di cui prende in prestito anche il duo Feldman-Boyle


e la terza incomoda, Madeline Kahn


che alla fine risultano solo per quello che sono: cioè, in prestito;

lo stesso si può dire del duo Cheech & Chong, i due "eroi della marijuana" americani, qui in una parte degna di Ciccio & Franco

(l'inimitabile espressione stupefatta di Richard Anthony "Cheech" Marin)

mentre sicuramente il cameo più inatteso (in assoluto) è quello di David Bowie travestito da squalo:

neanche Lynch poteva osare tanto;

Yellowbeard è consigliabile a chi, come il blogger, è disposto a sopportare la pochezza monumentale dell'opera per godersi un po' di sana atmosfera marinara e piratesca, che il DoP Fisher cattura con un' efficacia non meno televisiva della regia



per qualche battuta facile, ma non troppo come si usa oggi, e soprattutto per rivedere l'inestimabile Graham Chapman nel ruolo del protagonista e titolo del film, una parte che fu proposta dapprima al pirata rock Adam Ant e a Sting


in un tripudio di "aaahrrr" e furia incontenibile


un po' smorzata nella versione perm


ma credo che nel 1983 tutti avessero la permanente, tranne io;

l'eroe in una delle sue spericolate azioni
chi conosce la storia di Chapman come componente dei Monty Python, gay ammogliato (o maritato?) con figli, e gin-dipendente malato di cancro, saprà apprezzare ancor meglio il suo stereotipo piratesco, in questa impresa catastrofica in cui evidentemente si gettò anima e corpo malgrado le annose avversità della produzione, e uno script decisamente inferiore rispetto allo standard del suo lavoro;  
lo posso capire, perché malgrado tutto (ma proprio tuttoYellowbeard è un feature film con un cast internazionale di cui lui è protagonista, e intepreta il pirata: nessun uomo potrebbe chiedere di più dalla vita, gay o meno.

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