è più straordinario come produzione che non come prodotto, con una lavorazione pericolante e dichiarata fallita per tre volte, malgrado gli sponsors fossero due "facoltosi commercianti di marijuana", di cui uno si beccò poi quarant'anni in gattabuia, e l'altro qualche proiettile nella testa;
straordinario è anche il cast, con il giovane Jeff Bridges protagonista assoluto, con tanto di cavalcata a torso nudo in omaggio
(ovvero, gratuita)
e "papà" John Huston che non si fa mancare niente
più una serie di guests più o meno special, come il barbuto guerrafondaio Sterling Hayden
il segretario particolarmente samurai, Toshiro Mifune
un casuale Tomas Milian invecchiato per l'occasione
ancora il brutto faccione di Richard Boone (visto poco fa in The Night of the Following Day)
un altro ruolo particolarmente infelice e ambiguo per Tony Perkins
e -dulcis in fundo- la sempre generosa Liz Taylor (uncredited)
che pronuncia una sola battuta, e senza sonoro (essendo in un flash-back) ma il suo labiale è inconfondibile:
e ci ricorda quello di Bette Davis in What Ever Happened to Baby Jane;
la trama è secondo Wikipedia una "satira", che io metto fra virgolette, del caso Kennedy, con un finale tanto inatteso quanto è prevedibile il colpevole, almeno per il cinefilo intuitivo; film da vedere per la modernità del trattamento, che va ben oltre l'apparenza vintage, e per la bella fotografia di Vilmos Zsigsmond
e con uno dei coiti più rumorosi della storia del cinema, a cura della attrice-psicologa Belinda Bauer
Molto probabilmente questo film fu ucciso da qualcuno, ipotesi al centro del documentario Who killed Winter Kills (2003), e considerando gli ovvi riferimenti di cui sopra, possiamo solo immaginare chi fu il colpevole; non solo sarebbe un'impresa ardua (data l'opposizione) e oltremodo stupida, dal momento che un cast simile non troverebbe confronti al giorno d'oggi, ma questo è uno dei rari film che meriterebbe un remake serio; e lo dice uno che odia sinceramente i remakes.
Fortunatamente non sono riusciti a ingaggiare Jack Nicholson per questo
perché dopo The Bucket List (2007, con M. Freeman) e About Schmidt (2002) questo sarebbe stato un altro film-della-terza-età di Jack Nicholson, sull'onda del successo del triste serial Hangover (oggi al terzo capitolo!) ma con l'inedita senilità che accomuna i famosi protagonisti Kevin Kline, De Niro, Michael Douglas e Morgan Freeman;
almeno per la prima parte il film è divertente, grazie a qualche battuta ben piazzata nel copione; come previsto comincia a perdere colpi nel secondo tempo, con l'inevitabile inserto romantico, e si mantiene in equilibrio fino alla fine solo grazie alla bravura del cast; Turteltaub, autore di roba come i Treasure films con N. Cage, non sembra essere un vero regista, ma sicuramente i quattro protagonisti sono veri attori. Un film quasi-per-famiglie, penalizzato negli US dal PG-13 che è dovuto soprattutto al linguaggio.
Per quanto mi riguarda, non vedo l'ora di poter utilizzare ancora tre smileys di fila nello stesso post.
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