Ancora un po' di distrazione di massa, per il pomeriggio piovoso:
Cosa successe quel giorno, giù al vecchio tunnel abbandonato?
Occorrono 105' per avere la risposta, e non sono troppo convinto che il saperlo potrebbe migliorare qualcuno in qualche modo, perchè tra una sparatoria
Narc di J. Carnahan (2002)
☻+
e un pestaggio, tra l'infamia della tossicodipendenza che intacca la memoria dell'agente morto ammazzato in circostanze misteriose e la strana storia dell'adozione di una minorenne recuperata sulla scena di un delitto, non compare niente che sia in alcun modo stimolante per la mente del blogger;
nella maggior parte dei casi, i soggetti del cinema americano non mi appaiono tanto interessanti da giustificare nemmeno gli sforzi della produzione, per non parlare degli encomi della critica, e tantomeno dell' eventuale fenomeno mediatico; questo titolo non è quello che si può dire un successone, ed è pur vero che in un periodo funestato da ogni sorta di ripescaggio, di riciclaggio e riattaggio, tra sequels e remakes e reboots e franchise, già una sceneggiatura originale, ovvero scritta appositamente per lo schermo, è un evento degno di nota, specialmente se l'autore del soggetto è lo stesso regista;
la schermata multipla del montage, classico del poliziottesco televisivo anni '70, è sintomatica |
e dunque quali sono i reali meriti di questa originalità, quale urgente messaggio aveva da lanciare all'umanità multi-mediata Mr. Carnahan, narrando le gesta di due difensori della legge
Jason Patric
e Ray Liotta
invischiati in un mondo di corruzione e degrado, dove gli sbirri possono sempre rivelarsi peggiori dei lestofanti da loro stessi combattuti ma lottano per la propria umanità sintetica, raffigurata nel quadretto familiare in cui il (solito) poliziotto infiltrato appare come un estraneo? Il dubbio permane dopo la visione; sono dilemmi morali che si potrebbero proiettare nella realtà filmica di un droghiere, o di un elettricista, ma sono arrivato alla conclusione che la figura del poliziotto sia sempre stata preferita da tanti sceneggiatori per un semplice dettaglio:
il loro prolungamento fallico, che accidentalmente rappresenta anche il loro strumento di lavoro, ovvero l'arma da fuoco, che permette loro di operare con successo sia nel settore pubblico che nel privato, a loro discrezione, per il risolvimento di tutti quei drammi a tinte forti, densi di scomode verità e colpi di scena, che possono vivere solo i rappresentanti di quella determinata categoria professionale, e allo stesso modo porvi rimedio servendosi in ogni caso del loro strumento...
Ma questa è solo la mia ipotesi personale.
Quello che ci insegna Narc invece è che Ray Liotta è un bravo attore, come ce ne sono pochi oggi
GRRRR! WOOF! GRAWL!! |
Cosa che avevo già notato negli ultimi decenni; ho sempre preferiti quei films di cui posso apprezzare maggiormente qualche qualità cinematografica che non riguardi lo star system; ma non si può aver tutto.
Il film del pomeriggio
Land of The Pharaos di H.Hawks (1955)
☻+
è, evidentemente, un film in Warner Color, e rappresenta il primo fiasco commerciale di Hawks, che per quattro anni (giustamente) non fece più film; ma poi ci ripensò, e fece Rio Bravo (1959!!!).
Qui si seguono le stesse regole del western cogli indiani, per cui in un piccolo popolo di comparse indigene, o quantomeno indistinte nella massa
gli individui caucasici che appaiono in primo piano, le stars, oggi appaiono paradossalmente buffi, specialmente quando hanno dei tratti somatici tanto ovviamente dissimili da quelli degli autoctoni, come nel caso del faraone Khufu di Jack Hawkins
che potrebbe forse somigliare all'egittologo egiziano Zahi Hawass, ma nessun faraone ha mai avuta una faccia simile... |
e peggio ancora, della Principessa Nellifer interpretata da Joan Collins
con uno strato di fondotinta abbondante solo in volto, e un rossetto fosforescente che imprime nella mente dello spettatore tutta la malizia e la voluttà che soltanto le labbra di una principessa cipriota possono vantare;
il film di Hawks ha di buono che racconta della costruzione della (più) Grande Piramide, e di cattivo, anche;
non che le ipotesi scientifiche a questo proposito siano più o meno convincenti, più o meno affascinanti e più o meno efficaci nell'intrattenimento pubblico, di quelle para/fanta/scientifiche; ma questo film, al di là del suo valore disinformativo, fa apparire i moderni statunitensi (soprattutto di origine ashkenazita) come gli artefici della costruzione; che non è una teoria da scartare a priori, ma richiede un certo sforzo di volontà che solo uno statunitense (soprattutto se di origine ashkenazita) può imporre a sè stesso;
"La nostra maestà non ammette l'uso di lacca, giovane schiavo!"
e mentre l'idea portante della trama ha più o meno la consistenza di un episodio della serie a fumetti "Astounding Tales", con il finale a sorpresa che ricompensa i giusti e punisce i malvagi, la pompa magna della produzione, con tutti i suoi colori sintetici, le sue scenografie accecanti
e le sue vagonate di comparse
è degna di un film "storico" quasi-kolossale nello stile dei vecchi Studios Warner; Land of the Pharaos è un buon esempio di come la leggenda si confonda nel tempo alla realtà, anche grazie ad opere che sembrano già oggi risalire allo stesso periodo dei fatti narrati; il che forse, come si supponeva prima, corrisponde alla realtà storica...
anzi, è sicuramente così, per tutta la "storia" che può essere una qualsiasi esistenza umana anche rispetto ad una industria relativamente recente come quella del cinema. Mentre la storia dietro la "storia" è sicuramente un po' più vecchia di quella....
Con la più improbabile campana (a morto) della storia (del cinema =)
e con Luca Laurenti
già visto in Notorius (!) qui nel ruolo del Sacripante di corte.
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